Negli anni della mia formazione universitaria, ogni rientro in treno a Catania mi ha consentito di vedere crescere e poi ultimarsi la fabbrica del centro fieristico “le Ciminiere”: il ciottolone nero del volume dell’auditorium, prima avvolto nei ponteggi poi libero, si spingeva nella sua forma perfettamente controllata come nuovo segno architettonico, forse il primo forte e cosciente dopo decenni (ma anche l’ultimo da allora), di rapporto tra città e mare. Ma di questi segni era altresì ricca l’intera città: il suo centro storico (la grande unitè di via Reclusorio del Lume), la Cittadella universitaria (gli edifici dell’INFN-Laboratori del Sud), Librino, e molti altri.
Ho conosciuto direttamente Giacomo (come solo quest’anno avevo avuto l’onore di chiamarlo, avendolo sempre chiamato architetto Leone) nel 1997; in quell’anno, nel curare l’edizione del festival “mappe”, con gli amici di Officine – ZO, il tema della “città sotterranea” ci aveva aperto il mondo del suo progetto per Corso dei Martiri, sempre a Catania; gli elaborati ed il plastico in legno li avevamo esposti nel cortile dell’’ex convento dei Gesuiti; in uno degli scavi di Corso dei Martiri, come sala conferenze a cielo aperto, avevamo organizzato un incontro cui Giacomo aveva partecipato con Francesco Tentori, suo vecchio amico e corrispondente di riflessioni sull’architettura. In quel periodo ho anche capito quale scrigno fosse il suo studio: di progetti per l’intera città, di testi, lettere, articoli e registrazioni (nei suoi anni di formazione allo IUAV).
Alcune copie di disegni e testi su quello stesso progetto li ha, nel luglio scorso, affidati ad Inarch in un incontro in cui aveva voluto rassegnarci (penso come a molti altri che riteneva potessero e dovessero raccogliere il suo messaggio) le sue preoccupazioni ma soprattutto la volontà di mantenere viva l’attenzione ed il dibattito sulla città e le sue trasformazioni; la stessa volontà, ferma e aperta, che lo aveva condotto, unico forse, a polemizzare con Giancarlo De Carlo sui progetti per i Benedettini e per l’area della Purità: sempre a viso aperto, sempre con messaggi pubblici, sempre convinto della necessità del progetto e dell’architettura.
INARCH/Sicilia saluta l’architetto, cui Catania deve alcuni degli edifici più importanti; importanti perché indicano ancora oggi possibilità di essere città alle quali occorre insistentemente e nuovamente pensare.
INARCH/Sicilia saluta l’intellettuale, la coscienza viva, ancora per noi desta.
Ignazio Lutri
Presidente IN/ARCH Sicilia